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venerdì 30 novembre 2012

THE WICKER MAN - Robyn Hardy - 1973




La dimostrazione lampante di come certe passioni non possano essere colmate appieno da chi vive nel bel paese è fornita – tra le altre cose – dal fatto che la pellicola che prendiamo in considerazione – seppure di culto in ogni dove – in Italia è rimasta sostanzialmente inedita sino all’uscita del suo remake ad opera di Neil La Bute e con protagonista Nicholas Cage. Quel poco di interesse suscitato dalla rivisitazione hollywoodiana del film del 1973 ha implicato la possibilità di vedere finalmente il film con supporto dei sottotitoli italiani  e con una qualità dell’immagine perlomeno decente. Insomma, l’inveterata pratica dei remake ha quantomeno il merito di togliere un po’ di polvere dagli originali, ricollocandoli nel giusto posto che la storia può riservargli. Il fatto poi che manchi un’edizione doppiata in italiano non suscita certo particolare dispiacere – anche se va onestamente ammesso che questo toglie un potenziale di diffusione presso tutti quegli spettatori che di lingua originale e sottotitoli non vogliono saperne.
Le passioni che questo film risveglia sono molteplici e occorre dire che ci troviamo di fronte ad un oggetto assai anomalo. Partiamo da un primo dato che salta agli occhi – o alle orecchie per meglio dire – ovvero la musica. La colonna sonora vede come autore Paul Giovanni, musicista con in curriculum poche produzioni e che è ricordato soprattutto proprio per il fondamentale apporto a “The wicker man”. Il genere musicale che accompagna tutto il film è ovviamente il folk inglese – che all’epoca, grazie al cosiddetto folk revival andava per la maggiore – imparentato tanto con le melodie tradizionali – spesso e copiosamente riprese e rielaborate – tanto con il rock psichedelico che – proprio al confine tra 60’s e 70’s pareva mutarsi nel suo fratello maggiore (ma un tantino più indisponente) progressive. Chi – come me – ama band come Fairport Convention, Pentangle, Incredible String Band, Steeleye Span (per citarne alcune) o solisti come Nick Drake o Sandy Denny (ma anche – perché no – Cat Stevens) troverà- nelle musiche e nelle canzoni composte per il film  - pane per i suoi denti – in una sorta di onda lunga che – con le sue suggestioni sonore e narrative conduce dritta fino al folk “apocalittico” e inevitabilmente neo-pagano, derivante com’è dalla cultura industrial e gotica, di gruppi grandi e controversi quali Current 93, Death in June, Sol Invictus. Ed in effetti “The wicker man” a tratti si presenta quasi come – mi si perdoni l’ardire – un musicarello folkeggiante con incursioni in un ipotetico decamerotico a sfondo celtico. Le canzoni sono splendide ed evocative e parlano di riti antichi – strettamente connessi alla natura ed ai suoi ritmi – all’uomo coi suoi bisogni e desideri primordiali che il progresso e il cristianesimo hanno solo creduto di potersi lasciare alle spalle. Ma c’è spazio anche per il divertimento più grossolano e volgare: si ascolti, in proposito, la gioiosa zozzeria che cantano i clienti dell’osteria dopo aver presentato al puritano poliziotto Howie la bella figlia (non del boia ma) del gestore. Come nei musicarelli i personaggi cantano ma com’è ovvio non è questa la cifra dominante. Dovessimo proprio ascriverlo ad un genere - “The wicker man” si può benissimo definire un horror, in cui però le suggestioni e le atmosfere contano in effetti più della suspense e dell’elemento fantastico.


La trama prende avvio col poliziotto di sua maestà Howie  (Edward Woodward) che riceve una lettera proveniente dall’isola scozzese di Summerisle – nella missiva si denuncia la scomparsa di una ragazzina di 12 anni: scomparsa avvenuta già da diversi mesi senza che nessuno si sia dato seriamente da fare per cercarla. Già dalle prime battute intuiamo il carattere esasperatamente religioso dell’ispettore, messo in risalto dallo scherno dei suoi colleghi che insinuano il fatto che egli intenda rimanere “puro” sino al matrimonio (si presume - già fissato) ma comprendiamo anche che l’isola in questione non è un territorio del tutto sconosciuto ai poliziotti, visto che viene descritto come una sorta di covo di depravati. L’ispettore Howie si reca sull’isola e qui inizia le sue indagini ma pare non riuscire cavare un ragno dal buco visto la totale assenza di collaborazione degli abitanti i quali – pur molto cordiali – negano, in sostanza, di aver mai visto o conosciuto la bambina scomparsa. Nelle sue ricerche l’uomo di legge ha modo di verificare – con enorme disappunto va da sé – come la totalità degli abitanti di Summerisle sia dedita ad un antico culto pagano di matrice animista (con tanto di venerazione del fallo) ed abbia quasi completamente rimosso ogni traccia di cristianesimo dalle proprie abitudini. La “virtù” di Howie è messa a dura prova anche dai costumi sessuali liberi e disinibiti degli abitanti dell’isola, è in particolare la bellissima Willow (Britt Elkland) a turbarlo – e il fatto che questa si conceda spesso e volentieri a vari giovani del luogo, senza curarsi che chi risiede nelle camere vicine possa sentire i suoi gemiti di piacere non contribuisce certo alla tranquillità delle sue notti.


Il muro di omertà messo in piedi dagli isolani però va sgretolandosi poco a poco – le tracce dell’esistenza della ragazzina scomparsa   - a cercarle bene -  saltano fuori e tutto lascia pensare che sia già da tempo morta e sepolta. Ma allora come mai il cadavere non si trova ? Perché in quella che dovrebbe essere la sua tomba vi è sepolta una lepre ? Le tante domande che arrovellano il malcapitato protagonista (e noi con lui) trovano soluzione solo alla fine: al culmine della festa del raccolto, momento nel quale – apprendiamo – si dovrà tenere un sacrificio. Solitamente si tratta del sacrificio di un animale ma – quando il raccolto va particolarmente male – allora è richiesto un sacrificio umano. Le indagini portano alla conclusione che la ragazzina sia in realtà viva e tenuta nascosta proprio per essere vittima dell’omicidio rituale in questione – che avverrà bruciando un gigantesco uomo di vimini (da cui il titolo) con la vittima prescelta imprigionata all’interno. Questo rituale vede la complicità di tutti gli abitanti sotto la direzione del nobile del luogo Lord Summerisle (Christopher Lee). La conclusione porta poi ad avvalorare solo in parte le conclusioni del poliziotto giacché avremo si un sacrificio umano ma la vittima non sarà quella che ci si attendeva.
Il regista Robyn Hardy  dà corpo ad uno straordinario baccanale dionisiaco, ad una lotta inesausta tra la natura che invita al piacere, all’istinto e la razionalità, l’ordine, la repressione dei costumi e delle pulsioni. La notte dell’isola si accende di coppie che copulano a pochi passi l’una dall’altra, senza alcuna vergogna, come compissero un rito sacro; le ragazze danzano nude, simboli fallici spuntano in ogni luogo senza scandalo alcuno, la reincarnazione è accettata come il naturale destino di ogni essere vivente. Ma tanta beltà ha come sempre anche aspetti difficili – generalmente legati alla sopravvivenza e alla gestione economica della vita. Se un raccolto va male questo può avere conseguenze assai nefaste ed occorre ingraziarsi gli dei tramite il sacrificio. Non sono solo due ma tre le concezioni della religione a scontrarsi in “The wicker man”: ci sono il paganesimo animista e il cristianesimo certo (a riecheggiare la cristianizzazione forzata della Scozia e di gran parte dell’Europa, specie del nord – con gli antichi Dei ridotti a culto “underground”) ma c’è anche la visione agnostica e illuminista  - pur se piegata all’utilitarismo - di lord Summerisle – la concezione di chi, cioè, sa che in definitiva le religioni sono uno strumento inventato dall’uomo per avere potere su altri uomini educandoli, civilizzandoli (nel migliore dei casi) o semplicemente dominandoli. Chissà se il sacrificio ha poi prodotto gli esiti desiderati. Viene quasi da sperare di si.
Tra gli attori segnaliamo un azzeccatissimo (e non potrebbe essere altrimenti) Chistopher Lee, la splendida Britt Elkland (nota ai più per la sua attività di modella e per essere stata fidanzata di Peter Sellers, è presente però anche in “007 – l’uomo dalla pistola d’oro” e in molti telefim e film per la tv) e un piccola ruolo anche per la divina (in senso pagano, of course) Ingrid Pitt .    
Ingrid Pitt

                                                                            Trailer
                                           la danza di Willow,censurata in alcune edizioni


                                   una selezione delle canzoni composte per il film
                                         anche gli iron maiden dicono la loro

IL MAGNANI dice: 8,5

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