La
dimostrazione lampante di come certe passioni non possano essere colmate
appieno da chi vive nel bel paese è fornita – tra le altre cose – dal fatto che
la pellicola che prendiamo in considerazione – seppure di culto in ogni dove –
in Italia è rimasta sostanzialmente inedita sino all’uscita del suo remake ad
opera di Neil La Bute e con protagonista Nicholas Cage. Quel poco di interesse
suscitato dalla rivisitazione hollywoodiana del film del 1973 ha implicato la
possibilità di vedere finalmente il film con supporto dei sottotitoli
italiani e con una qualità dell’immagine
perlomeno decente. Insomma, l’inveterata pratica dei remake ha quantomeno il
merito di togliere un po’ di polvere dagli originali, ricollocandoli nel giusto
posto che la storia può riservargli. Il fatto poi che manchi un’edizione
doppiata in italiano non suscita certo particolare dispiacere – anche se va
onestamente ammesso che questo toglie un potenziale di diffusione presso tutti
quegli spettatori che di lingua originale e sottotitoli non vogliono saperne.
Le
passioni che questo film risveglia sono molteplici e occorre dire che ci
troviamo di fronte ad un oggetto assai anomalo. Partiamo da un primo dato che
salta agli occhi – o alle orecchie per meglio dire – ovvero la musica. La
colonna sonora vede come autore Paul Giovanni, musicista con in curriculum
poche produzioni e che è ricordato soprattutto proprio per il fondamentale
apporto a “The wicker man”. Il genere musicale che accompagna tutto il film è ovviamente
il folk inglese – che all’epoca, grazie al cosiddetto folk revival andava per
la maggiore – imparentato tanto con le melodie tradizionali – spesso e
copiosamente riprese e rielaborate – tanto con il rock psichedelico che –
proprio al confine tra 60’s e 70’s pareva mutarsi nel suo fratello maggiore (ma
un tantino più indisponente) progressive. Chi – come me – ama band come
Fairport Convention, Pentangle, Incredible String Band, Steeleye Span (per
citarne alcune) o solisti come Nick Drake o Sandy Denny (ma anche – perché no –
Cat Stevens) troverà- nelle musiche e nelle canzoni composte per il film - pane per i suoi denti – in una sorta di onda
lunga che – con le sue suggestioni sonore e narrative conduce dritta fino al
folk “apocalittico” e inevitabilmente neo-pagano, derivante com’è dalla cultura
industrial e gotica, di gruppi grandi e controversi quali Current 93, Death in
June, Sol Invictus. Ed in effetti “The wicker man” a tratti si presenta quasi
come – mi si perdoni l’ardire – un musicarello folkeggiante con incursioni in
un ipotetico decamerotico a sfondo celtico. Le canzoni sono splendide ed
evocative e parlano di riti antichi – strettamente connessi alla natura ed ai
suoi ritmi – all’uomo coi suoi bisogni e desideri primordiali che il progresso
e il cristianesimo hanno solo creduto di potersi lasciare alle spalle. Ma c’è
spazio anche per il divertimento più grossolano e volgare: si ascolti, in
proposito, la gioiosa zozzeria che cantano i clienti dell’osteria dopo aver
presentato al puritano poliziotto Howie la bella figlia (non del boia ma) del
gestore. Come nei musicarelli i personaggi cantano ma com’è ovvio non è questa
la cifra dominante. Dovessimo proprio ascriverlo ad un genere - “The wicker
man” si può benissimo definire un horror, in cui però le suggestioni e le
atmosfere contano in effetti più della suspense e dell’elemento fantastico.
La
trama prende avvio col poliziotto di sua maestà Howie (Edward Woodward) che riceve una lettera
proveniente dall’isola scozzese di Summerisle – nella missiva si denuncia la
scomparsa di una ragazzina di 12 anni: scomparsa avvenuta già da diversi mesi
senza che nessuno si sia dato seriamente da fare per cercarla. Già dalle prime
battute intuiamo il carattere esasperatamente religioso dell’ispettore, messo in
risalto dallo scherno dei suoi colleghi che insinuano il fatto che egli intenda
rimanere “puro” sino al matrimonio (si presume - già fissato) ma comprendiamo
anche che l’isola in questione non è un territorio del tutto sconosciuto ai
poliziotti, visto che viene descritto come una sorta di covo di depravati.
L’ispettore Howie si reca sull’isola e qui inizia le sue indagini ma pare non
riuscire cavare un ragno dal buco visto la totale assenza di collaborazione
degli abitanti i quali – pur molto cordiali – negano, in sostanza, di aver mai
visto o conosciuto la bambina scomparsa. Nelle sue ricerche l’uomo di legge ha
modo di verificare – con enorme disappunto va da sé – come la totalità degli
abitanti di Summerisle sia dedita ad un antico culto pagano di matrice animista
(con tanto di venerazione del fallo) ed abbia quasi completamente rimosso ogni
traccia di cristianesimo dalle proprie abitudini. La “virtù” di Howie è messa a
dura prova anche dai costumi sessuali liberi e disinibiti degli abitanti
dell’isola, è in particolare la bellissima Willow (Britt Elkland) a turbarlo –
e il fatto che questa si conceda spesso e volentieri a vari giovani del luogo,
senza curarsi che chi risiede nelle camere vicine possa sentire i suoi gemiti
di piacere non contribuisce certo alla tranquillità delle sue notti.
Il
muro di omertà messo in piedi dagli isolani però va sgretolandosi poco a poco –
le tracce dell’esistenza della ragazzina scomparsa - a
cercarle bene - saltano fuori e tutto
lascia pensare che sia già da tempo morta e sepolta. Ma allora come mai il
cadavere non si trova ? Perché in quella che dovrebbe essere la sua tomba vi è
sepolta una lepre ? Le tante domande che arrovellano il malcapitato
protagonista (e noi con lui) trovano soluzione solo alla fine: al culmine della
festa del raccolto, momento nel quale – apprendiamo – si dovrà tenere un
sacrificio. Solitamente si tratta del sacrificio di un animale ma – quando il
raccolto va particolarmente male – allora è richiesto un sacrificio umano. Le
indagini portano alla conclusione che la ragazzina sia in realtà viva e tenuta
nascosta proprio per essere vittima dell’omicidio rituale in questione – che
avverrà bruciando un gigantesco uomo di vimini (da cui il titolo) con la
vittima prescelta imprigionata all’interno. Questo rituale vede la complicità
di tutti gli abitanti sotto la direzione del nobile del luogo Lord Summerisle
(Christopher Lee). La conclusione porta poi ad avvalorare solo in parte le
conclusioni del poliziotto giacché avremo si un sacrificio umano ma la vittima
non sarà quella che ci si attendeva.
Il
regista Robyn Hardy dà corpo ad uno
straordinario baccanale dionisiaco, ad una lotta inesausta tra la natura che
invita al piacere, all’istinto e la razionalità, l’ordine, la repressione dei
costumi e delle pulsioni. La notte dell’isola si accende di coppie che copulano
a pochi passi l’una dall’altra, senza alcuna vergogna, come compissero un rito
sacro; le ragazze danzano nude, simboli fallici spuntano in ogni luogo senza
scandalo alcuno, la reincarnazione è accettata come il naturale destino di ogni
essere vivente. Ma tanta beltà ha come sempre anche aspetti difficili –
generalmente legati alla sopravvivenza e alla gestione economica della vita. Se
un raccolto va male questo può avere conseguenze assai nefaste ed occorre
ingraziarsi gli dei tramite il sacrificio. Non sono solo due ma tre le
concezioni della religione a scontrarsi in “The wicker man”: ci sono il
paganesimo animista e il cristianesimo certo (a riecheggiare la
cristianizzazione forzata della Scozia e di gran parte dell’Europa, specie del
nord – con gli antichi Dei ridotti a culto “underground”) ma c’è anche la
visione agnostica e illuminista - pur se
piegata all’utilitarismo - di lord Summerisle – la concezione di chi, cioè, sa
che in definitiva le religioni sono uno strumento inventato dall’uomo per avere
potere su altri uomini educandoli, civilizzandoli (nel migliore dei casi) o
semplicemente dominandoli. Chissà se il sacrificio ha poi prodotto gli esiti
desiderati. Viene quasi da sperare di si.
Tra
gli attori segnaliamo un azzeccatissimo (e non potrebbe essere altrimenti)
Chistopher Lee, la splendida Britt Elkland (nota ai più per la sua attività di
modella e per essere stata fidanzata di Peter Sellers, è presente però anche in
“007 – l’uomo dalla pistola d’oro” e in molti telefim e film per la tv) e un
piccola ruolo anche per la divina (in senso pagano, of course) Ingrid Pitt .
Ingrid Pitt |
Trailer
la danza di Willow,censurata in alcune edizioni
una selezione delle canzoni composte per il film
anche gli iron maiden dicono la loro
IL MAGNANI dice: 8,5
IL MAGNANI dice: 8,5
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