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giovedì 6 dicembre 2012

LA NOTTE DEI DEMONI (WEREWOLVES ON WHEELS) - Michel Levesque - 1971

Chissà perché tanti siti internet riportano – in merito a questa ingiustamente misconosciuta pellicola – il giudizio – ultra negativo va da sé – del centro cattolico di cinematografia[1]: forse perché è uno dei pochi giudizi reperibili sul film e forse anche perché non è così semplice trovare la vecchia VHS che rappresenta l’unico supporto che  - a quanto mi consti – sia diffuso in terra italica. Se a ciò aggiungiamo che il titolo italiano è lo stesso di un altro film (del 1988) le difficoltà non fanno che aumentare. Non è il caso di lasciarsi scoraggiare però perché “Werewolves on wheels”(il titolo originale è bellissimo – quindi meglio usare questo) ha rappresentato – almeno per me – una gran bella sorpresa che – ritengo – non mancherà di intrigare gli appassionati del cinema anni settanta, in particolare chi apprezza l’horror più eccentrico anche se – inevitabilmente – afflitto da scarsi mezzi economici ed effetti speciali ai limiti del fatto in casa.
Il film di Michel Levesque (noto come regista in pratica solo per “La notte delle salamandre” – noto si fa per dire, chiaramente – più attivo come scenografo – collaborò anche con Russ Meyer e non sembra un caso) ha il coraggio – che poi sia del tutto involontario rileva fino a un certo punto – di riprendere l’estetica di “Easy rider”, e ancor di più dei suoi tanti prodotti d’imitazione, e infilarci dentro una trama horror buttata lì un po’ a casaccio ma piuttosto efficace. Finendo in qualche modo per fare da apripista ad altri film (di ben maggiore importanza) come – soprattutto – “Non aprite quella porta” o anche a fumetti di natura “ibrida” quali “Ghost Rider”. In realtà i sapori che si sentono sono quelli del film “on the road” nella sua accezione più exploitation, aromi che sanno in tutto e per tutto di anni  60 e 70, riportando alla mente pellicole cult quali “Zozza Mary pazzo Gary”, “Angeli dell’inferno sulle ruote” o varie opere di Russ Meyer. Protagonista assoluto del film di Levesque è un gruppo di motociclisti – soggetti decisamente borderline che si muovono al confine della legge – vivendo il gruppo come una sorta di tribù nomade, in cui tutto ciò che è esterno viene costantemente sbeffeggiato quando non sottoposto a furti ed angherie varie: le psicologie dei personaggi sono decisamente scolpite con l’accetta e ben si adatterebbero ad un western di serie B (magari anche uno spaghetti western) e dopotutto anche il paesaggio desertico aiuta in questa facile similitudine. 
manifesto italiano

Ad emergere, all’interno di un gruppo di cazzoni e mignotte, sono fondamentalmente tre personaggi: il capobanda Adam (Stephen Oliver), duro, razionale e – tutto sommato – ben organizzato; Helen (D.J. Anderson), la donna del capo, decisamente più avvenente (ed anche più intelligente) delle altre donne della gang ma irrimediabilmente attratta dalla violenza (“mi aiuta a sentirmi viva” ammette); abbiamo poi lo sciamano Tarot (Gene Shane),cartomante ,come si intuisce dal nome , sostanzialmente disinteressato all’altro sesso, ma in grado di captare le presenze negative che incombono sui suoi amici.
La routine da professionisti della vita alternativa che i bikers conducono si spezza nel momento in cui questi si trovano a campeggiare vicino ad una strana chiesa. Il loro bivacco è interrotto da un gruppo di frati incappucciati che riescono a coinvolgere Helen in un loro rituale che – intuiamo – non è precisamente di ispirazione cristiana. Al risveglio i nostri valenti hell’s angels non ricordano nulla e si riavviano sulla loro strada; così tra un litigio, una sbronza ed un presentimento di sventura cominciamo a trovare motociclisti morti in circostanze misteriose e tragiche. Sin quando si palesa che ad ucciderli è proprio un lupo mannaro (truccato in modo artigianale ma apprezzabile) che si cela in mezzo al gruppo assumendo le sembianze ferine (ovviamente) solo di notte.

Si può tranquillamente ammettere che la trama è piuttosto elementare ma ricca di elementi inusuali a partire proprio dall’allucinante gruppo di frati satanisti e dalla commistione tra licantropia e motociclette. Quello che però rende “Werewolves on wheels” un film da apprezzare è la stupenda atmosfera ,che ben mischia le dinamiche del gruppo  - decisamente in stile western – con una propensione alla perversione ed al misticismo d’accatto – che  - onestamente – scalda il cuore. Non mancano poi momenti di puro cazzeggio e cameratismo nonché scene cult – in particolare la danza di Helen col serpente durante il rituale che le dannerà l’anima.  Il tutto a dar vita ad un insieme caratterizzato da una sorta di “acidità statica” – perdonatemi il termine ma non saprei dirlo diversamente – che ha il sapore dei sogni devastati da alcol e droga ma da cui – incredibilmente – ci si risveglia rigenerati.
                                                                          trailer
                                                              il film (sopra) e la musica (sotto)
 IL MAGNANI dice: 7



[1] Il film, specie di scommessa sulla possibilità di mettere insieme elementi assai disparati, potrebbe essere una presa in giro se ne possedesse l'umorismo adeguato. Assurdo, noioso e risibile, brilla unicamente per la negatività delle scene.

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