È uscito
col solito ritardo nelle sale italiane, se pensiamo che venne presentato al
festival di Venezia nel 2011. Ma ormai -
si dirà – dei film visti nel loro luogo naturale (che sarebbe la sala
cinematografica, almeno credo) chissenefotte – che tanto chiuderanno tutte
tranne i multisala attrezzati per il 3D e qualche altra cosa di cui mi sfugge
il nome (forse IMAX – ma manco so cos’è). Per chi apprezza certi film ci sono i
festival oppure si possono scaricare in lingua originale, che anche il dvd
ormai è condannato. Va da sé che dietro questo concetto che ormai è entrato a
far parte del sentire comune c’è un che di censorio, conformista e
prevaricatore. C’è soprattutto il rischio che agli spettatori del futuro sia
vietata la meraviglia, la scoperta, il sentirsi spiazzati – sia vietata
qualsiasi deviazione dall’intrattenimento puro giocato sull’asse popcorn –
limonare. E insomma – senza volerne per
forza fare un dramma – l’incapacità ad immaginare un mondo diverso o ad aprire
nuove prospettive su una realtà data come immutabile ha la sua genesi anche in
questa “dittatura del mercato”.
A ben
vedere “Killer Joe” è un film fortemente satirico – descrive la società attuale
come un ambiente totalizzante – in cui mancano prospettive di differenziazione.
Non parla della famiglia: che questa tenda ad essere un luogo disfunzionale è
cosa nota e nemmeno troppo importante; non è nemmeno un tentativo di accodarsi
al cinema dei fratelli Coen (sebbene “Fargo” possa certo venire alla mente). Lo
stesso William Friedkin parla del film -
e della pièce teatrale di Tracy Letts che ne è alla base - come di una
rilettura di Cenerentola ed in parte questo è certamente vero; la fiaba va però
calata in quello che è il motore unico dei rapporti contemporanei cioè il
denaro, tanto più importante in quanto grande assente – ma in verità eterno
assente, come tutte le cose che non bastano mai. La necessità di procurarsi
soldi (o più soldi) crea e distrugge i rapporti tra le persone e giustifica
qualsiasi cosa, senza bisogno di scuse o spiegazioni.
Juno Temple |
La storia
prende le mosse dal personaggio -
interpretato da Emile Hirsch – di un piccolo spacciatore (ex
agricoltore) con seri problemi finanziari che – per rimediare 50.000 dollari –
pensa di far fuori la madre per incassare così i soldi dell’assicurazione,
tramite la sorella minore, unica beneficiaria e in apparenza non proprio a
posto col cervello. Per mettere in atto il suo piano si avvale della complicità
del padre e della sua seconda moglie (memorabile la scena in cui lei va ad
aprire la porta senza mutande – “non aver paura della passera”[1]
pare abbia detto Tracy Letts a Friedkin a proposito di questa scena, posta
proprio ad inizio film)
con
l’inaspettato avallo della stessa sorellina (interpretata da un’ottima Juno
Temple, che ha 23 anni ma ne dimostra più o meno 16). La riuscita del piano
implica però l’ingaggio di Killer Joe (Matthew McConaughey – che da equivalente
cinematografico di Michael Bolton si trasforma in un personaggio nerissimo e
parecchio disturbante) – sicario professionista e poliziotto. Il problema sta’
nel fatto che Joe vuole 25.000 dollari
anticipati ma nessuno li ha – almeno non prima di aver intascato il premio
dell’assicurazione. Il sicario si accontenterà pertanto di una caparra, cioè
della bionda sorellina, della quale
appare fin da subito intrigato.
Senza
rivelare come andrà a finire è facile intuire che non tutto filerà per il verso
giusto fino ad un finale tragico e violento ma anche ironico e grottesco,
preceduto dalla già famosa scena della fellatio alla coscia di pollo.
Friedkin –
all’età di 77 anni – firma il suo film più riuscito da 25 anni in qua –
commedia nerissima che non rifiuta i modelli dei Coen e di Tarantino ma
indubbiamente ci mette del suo – a partire da una radicale sfiducia nell’essere
umano e fa un po’ l’effetto di un calcio ai coglioni – magari non fortissimo ma
secco e deciso come pochi.
[1]
Dall’intervista su “Nocturno” n.122 – ottobre 2012
Matthew McCounaghey |
trailer italiano
IL MAGNANI dice : 7,5
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