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venerdì 6 novembre 2015

Le Storie (siamo noi) / 1



Iniziamo qui una disamina sulla nota collana bonelliana. Giunta ormai al n.35 direi che i tempi sono maturi per un primo sguardo d’insieme, fermo restando che la natura della proposta necessita anche una visione frammentata e – necessariamente – focalizzata su ogni singolo pezzo che va a formare la collana.
Partiamo con il dire che ogni confronto con precedenti collane Bonelli in qualche modo consimili risulta forse arduo ma in verità proficuo e necessario. Anche se solo il tempo saprà dirci come potremo collocare ‘Le storie’ nella storia (pietoso bisticcio – per riferirsi alla storia del fumetto made in Italy): cioè se dalla parti di ‘Un uomo un avventura’ (ovvero l’atto fondativo o comunque confermativo di una generazione di autori destinati alla fama e alla grandezza assoluta) o piuttosto dalle parti dello ‘Zona X’ prima maniera (a conti fatti nient’altro che un contenitore di storie ‘libere’ devote all’idea di un intrattenimento curioso e di poche pretese seppur sempre di buona fattura). Ad oggi la verità parrebbe stare nel mezzo e – se proprio un termine di paragone dobbiamo trovare – non occorre poi spostarsi tanto indietro nel tempo ed è sufficiente prendere in considerazione quei ‘Romanzi grafici Bonelli’ che solo recentemente hanno cambiato la loro fisionomia editoriale. In altre parole una congerie di atmosfere e sapori uniti dal gusto del narrare avventuroso e – tutto sommato – adulto ed autoriale ma sempre all’interno di generi e stilemi ben riconoscibili. Comunque si valutino i singoli episodi (che è quello che mi appresto a fare) si tratta di un’esperienza stimolante e da seguire. A circa tre anni dall’esordio vale la pena continuare a farlo. 






n.1 – Il boia di Parigi – Paola Barbato/Giampiero Casertano
Si racconta di tal Charles-Henri Sanson – boia di corte convertitosi – non senza dubbi – alla causa rivoluzionaria – anche se a ben vedere è forse la ghigliottina l’unico elemento a cui il nostro è fedele. Robespierre e Danton sono visti come personaggi ambigui e accecati dall’odio e da un ideologia che ha preso già le forme del terrore. Paola Barbato qui se la cava piuttosto bene nel tratteggiare il periodo storico ma soprattutto il personaggio principale – donandoci una sorta di eroe romantico ante litteram (nel senso che anticipa il romanticismo letterario). Poi occorre anche dire che la sua visione è un tantino semplicistica e restituisce ben poca complessità ai personaggi di contorno (che sono soggetti quali Robespierre – mica roba da poco) – ma in realtà non è questo il punto e non c’era forse nessuna voglia di dire qualcosa di nuovo su un periodo storico molto raccontato ed a rischio stereotipo – la narrazione fila che è un piacere ed è solo questo che importa (in questo caso). Il vero valore aggiunto sono i disegni di Giampiero Casertano – un artista che da un lato ci fornisce continue e piacevoli conferme e dall’altro manifesta una costante evoluzione e curiosità. Alle tradizionali influenze quali Micheluzzi, Breccia (Enrique), Magnus, qui mi sembra di avvertire persino una vicinanza al Robert Crumb più realistico e meno grottesco. Che ci sia del vero o meno in quanto scrivo, le sue tavole sono un piacere per gli occhi e confermano uno dei disegnatori italiani al contempo più poliedrici ed estrosi.
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n.2 – La redenzione del samurai – Roberto Recchioni/Andrea Accardi
Il Recchioni ama scopiazzare qua e là. Anche in questo si può considerare degno discepolo del maestro Sclavi. Il termine ‘scopiazzare’ va letto come un complimento – avrei anche potuto dire ‘rielaborare e ricontestualizzare varie fonti preesistenti’: roba – insomma - che, se fatta con classe, può dare frutti saporiti e succosi. Ed è questo il caso. Uno dei grandi meriti di Recchioni è quello di saper scrivere sceneggiature dense ma con un uso parco delle parole (fateci caso: un albo scritto da lui si legge più in fretta – almeno in linea di massima), appaiandosi in ciò – per fare un esempio a Mark Millar (tanto per citare un altro che è antipatico a molti). Intendiamoci, non tutto ciò che scrive mi piace, ma riesce sempre a incuriosire e a stimolare e non è cosa da poco.
Qui si racconta di Jubei, samurai che ha  tradito il suo signore ed è perciò destinato a morire per mano del giovane Tetsuo.  Le possibili influenze sono talmente tante che si perdono nella memoria e non vale nemmeno troppo la pena fare lo sforzo di recuperarle tutte – in fin dei conti la storia funziona benissimo così ed è ovviamente assai ricca di combattimenti a base di katana davvero ben gestiti a livello ritmico e ‘coreografico’. Il merito va ovviamente anche all’ottimo Andrea Accardi davvero a suo agio in un’ambientazione di questo genere sfoggiando uno stile che fonde il dinamismo di un Go Nagai con una raffinatezza ed un tratteggio molto personali.
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n.3 – La rivolta dei sepoy -  Giuseppe De Nardo/Bruno Brindisi
Una storia d’amore sullo sfondo dell’India coloniale di metà ottocento rischia di venire travolta da una rivolta dei cosiddetti Sepoy (praticamente i militari indigeni arruolati nell’esercito della corona) e dalle mire di un ambizioso rivale in amore che pensa di approfittare della situazione a suo vantaggio. Ci troviamo qui di fronte ad uno degli episodi più tradizionali della collana – con una solida vicenda avventurosa su sfondo storico che ha i sapori del romanzo avventuroso di una volta (e non sarebbe sfigurata – per dire – nella collana Rodeo). Niente di epocale forse ma in definitiva piuttosto riuscita – poi devo ammettere di non aver letto molte cose di De Nardo e di non riuscire facilmente a collocare questa storia nel complesso della sua produzione. Bruno Brindisi non aggiunge e non toglie nulla a quanto fatto sinora ma è sempre un bel vedere.
[6,5]





n.4 – No smoking – Pasquale Ruju/Carlo Ambrosini  
Un piacevolissimo racconto di gangster quest’albo che ci narra di tale Angelo (o Angelì) piccolo commerciante finito nei guai per debiti di gioco. Gli darà una mano Eddie – un vero duro, seriamente intenzionato a scalare qualche gradino nell’organigramma criminale della città. Se la dovranno vedere – tra l’altro – anche con uno spietato sicario della mafia definito ‘il lupo mannaro’. Il tutto verso un colpo di scena finale che lascia un retrogusto amaro ma piacevole (e che ribalta le carte in tavola – ma ovviamente non dirò in che modo). Ci troviamo di fronte ad una storia davvero riuscita per quanto mi riguarda, in cui trovano armoniosa fusione i tipici luoghi comuni del genere uniti a piccole ma significative invenzioni (anche sul piano formale: le didascalie in seconda persona non sono poi tanto comuni e qui funzionano davvero bene). Il tratto di Ambrosini si trova poi particolarmente a suo agio con le atmosfere cupe e piovose (sporche – in altre parole) della Chicago anni ’30. Lo stesso Ruju conferma nel noir (in senso lato) il suo genere d’elezione inducendoci ad incoraggiarlo per altre prove in questo senso.
[7,5]





n.5 – Il lato oscuro della luna – Alessandro Bilotta/Matteo Mosca
Il racconto dell’astronauta Lloyd Clark, in viaggio verso la luna prima di quel che la storia ufficiale ci racconta, ha veramente numerose frecce al suo arco. Intanto non è fantascienza in senso proprio ma ci restituisce il senso profondo delle migliori narrazioni fantastiche attraverso un’inevitabile rapportarsi con la propria infanzia irrisolta, come accade al protagonista durante i numerosi flashback che ne definiscono la personalità e i desideri. Una sorta di dialogo continuo tra l’infinitamente grande (il viaggio spaziale) e l’infinitamente piccolo (la storia di ognuno di noi) che sta forse alla base di gran parte del narrare avventuroso d’ogni tempo. Solo che in questo caso l’anno è il 1963, all’altezza dell’omicidio del presidente Kennedy e – come certamente era noto – i viaggi spaziali possono facilmente andare storti. Ma è poi davvero possibile distinguere la fantasia dal reale, il presente dal ricordo, la vittoria dal fallimento? Quando l’ho letto la prima volta mi ha lasciato un certo senso di irrisolto ma – ripensandoci – non poteva essere altrimenti. Avrebbe forse meritato qualche pagina in più o magari in meno – insomma qualcosa non mi torna ma non saprei dire cosa. Matteo Mosca non lo conoscevo (ha disegnato anche un albo di Valter Buio ma ammetto che non lo ricordavo) ed ha un tratto molto classico che a me ha persino ricordato gli albi della Ec comics (in particolare Jack Kamen) riuscendo a rendere molto bene l’atmosfera della storia.
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