La riscoperta - avvenuta sostanzialmente grazie a Devendra Banhart - della folksinger Vashti Bunyan, da sempre dedita ad una vita nomade e - semplificando - hippie arriva a fruttare il secondo album della 'nuova fase' , dopo il 'Lookaftering' di nove anni fa. E va subito affermato con forza che l'incanto si ripete in pieno. Piace pensare a queste canzoni come piccole storie da sussurrare alla luce della luna, accompagnate dalla strumentazione il più semplice possibile, perle di saggezza e serenità che rasserenano gli adulti e donano bei sogni ai bambini. Il tutto sorretto dalla splendida voce da fata dei boschi di Vashti.
4) NENEH CHERRY - BLANK PROJECT (smalltown supersound)
Il ritorno di Neneh Cherry con un album interamente suo è già di per se una notizia piuttosto inattesa, ma anche gradita visto l'esito davvero all'altezza delle aspettative. Dal 1996, anno in cui usciva 'Man', avevamo avuto veramente poche notizie (salvo l'album 'Neneh Cherry and the thing' progetto jazz di Mats Gustafson) e fa dunque veramente piacere notare che 'Blank Project' sia un lavoro con l'ispirazione dei tempi migliori. La ricetta varia di poco, aggirandosi come già in passato, dalle vie del soul condito con elettronica ed hip hop, ma ancora una volta sono le canzoni a fare la differenza, capaci di stupirti a poco a poco, ammaliandoti proprio quando stai per dire che ti aspettavi di meglio.
3) ANDY STOTT - FAITH IN STRANGERS (modern love)
Andy Stott torna dopo due anni dall'acclamato 'Luxury problems' e il fatto che questo 'Faith in strangers' non campeggi in tutte le playlist di chi è interessato a questo tipo di suoni dipende solo dalla fama del suo ingombrante predecessore. Stott in questo album approfondisce l'aspetto ambient delle sue composizioni , non disdegnado tuttavia di riecheggiare qua e la elementi dubstep e finanche industrial. Il risultato è un affresco di malinconia contemporanea con pochi eguali e condito da soluzioni sonore ancora in grado di sorprendere. Se ne esce pensando che solo la creatività potrà salvarci.
2) FKA TWIGS - LP 1 (young turks)
FKA Twigs (a.k.a. Tahliah Barnett) è un personaggio sfuggente ed ambiguo. Le sue canzoni contengono sempre un alone di mistero ma sono come una droga da cui è difficile staccarsi. La sua ricetta - almeno sulla carta - è semplice prendere il soul (o nu-soul fate voi) e renderlo tutt'uno con pulsioni elettroniche autentiche e davvero 'sentite' - in prevalenza dubstep, ma non solo. La differenza con un ibrido mal riuscito sta nel fatto che Twigs le sue canzoni le pensa proprio così - non abbiamo pezzi elettronici con una bella voce schiaffata sopra ne pezzi soul 'modernizzati' da producer a la page. Ci racconta stralci della sua verità e non si riesce a smettere di ascoltarla.
1) SCOTT WALKER & SUNN 0))) - SOUSED (4ad)
Non ci sarebbe molto da dire, se non per sottolineare il fatto che le collaborazioni per Scott Walker sono un evento raro e che il suo ultimo album risale a soli due anni fa (di solito ha tempi molto più lunghi). L'incontro con i Sunn 0))) ha una sua logica, le composizioni qui presenti - tutte piuttosto lunghe - riescono a dare un corpo decisamente materico ai misticismi allucinanti della band di O'Malley che qui assume una comunicativa persino 'pop' (le virgolette sono d'obbligo - sempre di noise si tratta - rispetto al solito però un tantino più rumoroso e meno mantrico). Walker prosegue nel delineare l'incubo contemporaneo e l'apocalisse del presente. E la sua voce ieratica , da muezzin post glam ci conduce in luoghi da incubo, avvertendoci della necessità della visita. Un lavoro pervaso da ironia perversa, oggetto alieno e mostruoso - nel senso etimologico del termine.
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