Basterebbe l'atmosfera del Greenwich Village descritta in modo tanto invernale ed atipico per far amare un film del genere. La cosa migliore dei fratelli Coen da un po' di anni a questa parte (d'accordo: ci sono stati 'Non è un paese per vecchi', 'Il grinta' e l'affine 'A serious man' - tutti bellissimi ma nessuno è al livello di Davis. Mi Credete ? In fondo in fondo è solo questione di sfumature ed inclinazioni personali). Un continuo sfiorare la grande fortuna ed imbattersi invece nella grande sfiga - circondati sempre e comunque da personaggi troppo assurdi per (non) essere veri. Un film che rimane nel cuore, che diventa immediatamente un classico. Certo se siete amanti del folk anni '60 (e non del solo Dylan) lo appezzerete di più.
4) MOMMY - Xavier Dolan
Si è detto a proposito di Xavier Dolan che è uno dei registi più liberi in circolazione. Ed è proprio la libertà - totale, assoluta , necessaria - ad avere in Mommy un tentativo - possibile - di rappresentazione. A colpire è il formato quadrato dell'immagine - paratelevisivo ,ed in effetti la mera trama narrata ben potrebbe figurare in una fiction di quart'ordine, buona giusto per 'stimolare il dibattito'. Eppure l'immagine non sta ferma - assume a volte formati più ampi - anelito ad una vita piena che pare possibile, anche se solo per pochi attimi. Si presenta come un film quasi di fantascienza (fateci caso - è ambientato nel futuro) e finisce col sogno di una madre che trova solo nella fantasia e/o nell'oblio la chiave per andare avanti. Commuove e scuote nel profondo.
3) L'AMORE BUGIARDO - David Fincher
Non ho alcun problema nell'affermare che questo è il miglior film di David Fincher. Sarà che prende le mosse da un testo non banale. Sarà che fa una cosa che mi piace sempre tanto, cioè usa il genere per darci uno spaccato impietoso della nostra società ( o in altri termini usa una struttura con regole rigide per essere più libero). Sarà che colloca tutto in un America impregnata di crisi e nel farlo ci fa ben capire come la famigerata 'parola con la c' sia qualcosa che sta prima di tutto nelle nostre teste.
Il bello è che ha il coraggio di apparire misogino (anche se ricordiamo che il romanzo l'ha scritto una donna - non che una donna non possa essere misogina) e ti rendi conto che è un coraggio necessario - che senza il possibile equivoco (chè naturalmente solo i veri idioti considereranno misogino questo film) il discorso sui media e sulla violenza del politicamente corretto non sarebbe altrettanto ficcante.
Non ho detto nulla della trama e degli attori, né della splendida e livida fotografia. Scoprite tutto da soli se già non l'avete fatto.
2) NEBRASKA - Alexander Payne
1) BOYHOOD - Richard Linklater
Magari tra qualche settimana farà il pieno di oscar ed è un idea che non mi dispiace affatto. Se li merita. E pazienza se risulto poco alternativo a metterlo primo. Il fatto è che è un cazzo di capolavoro, non solo e non tanto per come è stato realizzato - tutti saprete delle riprese realizzate in 12 anni seguendo la crescita reale del protagonista - ma anche e sopratutto perchè è un film che sa spiegare - e in maniera assolutamente empirica - il senso stesso del cinema, proprio oggi che sembra (quasi) una cosa superata. Linklater non fa certo un film duro o difficile, ma sposa un narrare truffautiano, e con la stessa disincatata dolcezza di Truffaut segue i suoi personaggi (personaggi che ama, questo proprio non lo si può negare) fino ad una di quelle mistiche scoperte che possono capitarti solo in un giorno qualunque.
Nessun commento:
Posta un commento