Le videoteche negli anni ’80 erano una specie di paradiso pagano. Spuntavano come funghi filmazzi con copertine scrause - dei quali non avevi mai sentito parlare e – spesso – di cui nemmeno avevi sognato fantasticarne in segreto l’esistenza. La prima volta (non si scorda mai) che entrai in uno di questi depositi di tesori, in realtà non avevo nemmeno il videoregistratore, mi limitavo a guardare rapito ed in estasi questi simulacri delle porte proibite che avrei dovuto sfondare a calci, per trovare – infine - vaghe tracce della mia essenza più profonda. Non ricordo più quasi nemmeno un titolo (probabilmente molti di essi li avrei visti negli anni successivi), ma il mio bruciante ed ardente desiderio, quello sì che lo ricordo bene. Il periodo di cui parlo è proprio quello in cui usciva il film di cui voglio parlare. Ed è facile ammettere che, senza le videoteche e senza quei depravati esploratori che le frequentavano, la pellicola in questione non avrebbe quel manipolo di aficionados che, invece, può vantare: contro ogni previsione e contro ogni buongusto. Che poi il buongusto è come il buon senso: invenzione reazionaria e fascistoide, strumento di cooptazione da parte dei sistemi di potere vigenti.
John Astin/dottor cancrena |
Tra i sogni proibiti di un bambino c’erano forse anche i temibili vegetali assassini? Può darsi, chissà. Di certo ricordo che alcuni anni dopo mi vidi la videocassetta (poteva essere il 1992 o il ‘93) e rimasi estasiato. Intendiamoci: c’erano ancora tante cose che non sapevo, sulla vita in generale e sul cinema in particolare. Andavo d’istinto e spesso sbagliavo. Ma gli sbagli – specie se si limitano alla scelta di un film da vedere – possono avere un che di meraviglioso e conservare il profumo di passate primavere. Non conoscevo ancora Roger Corman, John Waters, il porno anni ’70, la gran parte del cinema di genere italiano e americano precedente gli anni ’80 e, in particolare - per attinenza all’argomento trattato – le produzioni Troma (che pur timidamente avevano fatto capolino negli angoli bui del mio videonoleggio favorito, almeno limitatamente al Vendicatore Tossico). Però avevo conosciuto i pomodori assassini, cazzo. Era un mondo che si apriva: un mondo di cialtronaggine e di trame concepite per puro spirito di cazzeggio e magari sotto il benevolo influsso di alcol e stupefacenti; ma ancor di più era il passaggio dalla pura fantasia alla più cruda realtà, era la realizzazione del possibile contro ogni logica e senso dell’opportunità. Era punk depurato da ogni scoria d’intellettualismo. L’ignoranza al potere.
La
storia prende le mosse dallo scienziato pazzo dottor Cancrena (John Astin, il Gomez della famiglia
Addams) e dalla sua assistente Tara (Karen
Mistal), intenti a sperimentare quella che – con un minimo sforzo – è
facile intuire essere una sorta di trasmutazione delle verdure in esseri
(almeno in apparenza) umani (nella fattispecie dei Rambo nerboruti, in piena
tradizione anni ’80). In questo diabolico antro (visualizzato con una semplice
foto di scena presa da chissà dove) arriva Chad, il ragazzo delle pizze (Anthony Starke), che si dimostra subito
decisamente attratto dalla bella Tara. Insieme a lui lavorano – in pizzeria –
Matt (interpretato da un giovane George
Clooney, che è un po’ il motivo per cui questo film tutto sommato è
abbastanza conosciuto) cazzaro sciupafemmine e Wilbur Finletter (Stephen Peace) veterano della prima
guerra contro i pomodori. Già perché mi scordavo di dire che questo filmazzo è
a tutti gli effetti un sequel visto che, la bellezza di dieci anni prima, era
già scoppiata la guerra tra umani e pomodori nel cult “Attack of the killer tomatoes”. E – visto che c’erano – in seguito
alla pellicola dell’88 (che è l’unica che ho visto, ahimè) ne vennero realizzate altre due, a dar vita ad una vera
propria quadrilogia.
George Clooney/Matt |
Comunque
sia, la nostra Tara (anche lei un pomodoro umanizzato, non rivelo niente) è
disgustata dai modi del professor Cancrena e decide di fuggire portando con sé
un esperimento andato a male ribattezzato ft (faccia di topo – una sorta di
pomodorone peloso che però guaisce come un cagnolino) andando a rifugiarsi da
Chad, che poi è l’unica persona che conosce. Tra i due scatterà l’amore,
favorito anche dalle innumerevoli posizioni sessuali che lei è in grado di
eseguire e dalla sua capacità di utilizzo di qualsiasi elettrodomestico. Il mad
doctor non è però intenzionato a rassegnarsi e riuscirà a rapirla grazie anche
all’aiuto di un biondone la cui massima aspirazione è quella di fare il
presentatore in tv.
Karen Mistal/Tara |
Qui
mi fermo con la trama perché non mi sembra il caso di dire proprio tutto. Le
situazioni al limite tra genio ed idiozia bisogna dire che sono veramente
abbondanti. Vale la pena di segnalare – in particolare – il momento in cui la
produzione si dichiara a corto di soldi (wow,
metacinema!) ed il giovine Clooney
suggerisce il ricorso massiccio agli sponsor (aggiornatevi, siamo negli anni
’80). Gli sponsor arrivano davvero (e sono marchi esistenti tipo Pepsi o
Kellogg’s – chissà se avranno veramente sganciato dei soldi) e si infilano in
ogni inquadratura. Bella anche la trovata della pizza lanciata in aria (nel
primo tempo) che atterra quando il film è quasi finito. Ma – in definitiva –
non si rinuncia ad un sano lieto fine, in cui umani e pomodori possono
finalmente dialogare (ed amarsi – eventualmente), dopo anni di segregazione e
clandestinità. Invito alla tolleranza che ci ricorda peraltro molte pellicole
Troma, spesso riconducibili a condivisibili apologhi sull’accettazione delle
diversità (ricordate il finale di “Terror
Firmer” – vero e proprio manifesto politico di Kaufman e soci, che vedeva
Lemmy dei Motorhead inneggiare alla salvaguardia degli ermafroditi). Ammettiamo
che – rispetto al Vendicatore Tossico e ai suoi fratelli – i pomodori assassini
reggono meno alle visioni successive la prima. Una volta decifrato il
citazionismo esasperato (ma nient’affatto irritante, anzi) emerge una certa
qual troppa insistenza su alcune situazioni (come il terzetto di improbabili
veterani commandos che va all’assalto del deposito di rifiuti tossici nel
finale), divertenti anche, ma stancanti alla lunga. Ma chissenefrega dopotutto
– io continuo a divertirmi come quel teenager segaiolo che fui. E – in fin dei
conti – lo scopo del film non è altro che quello di invogliare la visione di “Ragazze con le Tette Grosse Vanno in
Spiaggia e si Tolgono il Top". Oppure sognare di poter creare un
esercito di tettone partendo da un semplice cesto di pomodori – come un felice
Matt/Clooney lascia intravedere nel finale.
gli sponsor salvano il film
spacciatori di pomodori
il film - in inglese
Il Magnani dice: 6/7 [ma va bene un voto qualsiasi]
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