Non
ho nessuna intenzione di parlare di “Lei”
di Spike
Jonze. Non voglio diffondermi in dotte dissertazioni né – meno che mai
– riassumere le notiziole che tutti sanno (dalla voce di Scarlett a quella di Micaela
Ramazzotti, comunque scelta lodevole quella di fare doppiare un’attrice
da un’altra attrice – di solito per i cartoni animati non succede. Insomma ci è
andata parecchio bene: potevano far doppiare “Her” da – chessò – Barbara
D’Urso). Non scriverò nemmeno una recensione visto che poi non saprei veramente
dire se il film mi è piaciuto o meno. Più che altro mi ha fatto anche incazzare
e mi ha annoiato, mi ha commosso eppure non ho pensato per un solo secondo di
alzarmi ed andarmene, ma poi non l’ho capito.
O,
perlomeno, non l’ho capito fino in fondo. Rimangono – e rimarranno ancora, temo
– parti oscure, qualcosa continua e continuerà a sfuggirmi. Veramente: è meglio
così. Voglio che quel qualcosa mi sfugga e continui a farlo.
Considerazioni “a
latere”:
ecco cosa voglio fare. Null’altro. Ché tanto “Lei” è un film importante.
Importante anche qualora non dovesse piacere. Bisogna dargli un voto? Diamogli
7 e andiamo oltre.
Intanto
ho capito che la “modernità” mi spaventa: certo mi disgusta e mi fa incazzare e
con tanti buoni motivi. Ma alla fine ho solo paura. Il “pre-moderno” e il
“post-moderno” no: quelli sono un’altra cosa ma qui non entrano in campo. Qui è
solo il moderno che entra di prepotenza nel nostro sentire – che poi “Her” è
ambientato nel futuro, ma è un futuro per modo di dire – solo quel minimo di
distanza che permette di guardarci meglio di fronte allo specchio (troppa
vicinanza distorce, lo sapete vero?).
Si,
insomma, è solo che la gente cammina per strada e sembra che parlino da soli,
ma non è così certo. Non sono loro i pazzi semmai sono io, che ancora mi
stupisco. Forse ecco proprio pazzo no, semmai all’antica - o disadattato a
voler esagerare. Una cosina da poco, simpatica quasi. Che poi lo so
perfettamente (razionalmente) che parlano (a qualcuno? Si direbbe di sì, ma va’
a sapere) con quei cazzo di auricolari. Cosa avranno da dirsi? Nella maggior
parte dei casi stronzate, ci scommetterei. Ma le dicono lo stesso. Devono farlo
e devono farlo in pubblico.
È
solo perché se un tizio che gira con l’Audi o la BMW e all’improvviso rispetta
i limiti di velocità è chiaramente al telefono, per quanto sia più rassicurante
pensare che una troia gli stia facendo un pompino. Non è così o almeno non più
– e non perché non ci siano più fighetti che si fanno spompinare in macchina,
magari strafatti di coca, ma semplicemente perché in quei casi non si
sognerebbero neanche lontanamente di rispettare i limiti di velocità.
Tutt’altro.
Oppure
perché capita di vedere una ragazza appoggiata ad un muretto e pensare che una
ventina di anni fa sarebbe stata una tossica o – più semplicemente – una
assorta nei suoi pensieri che aveva voglia di stare per i cazzi suoi. Oggi
ovviamente smanetta il telefonino. Che poi magari nemmeno deve farci qualcosa.
Magari è solo una barriera protettiva, qualcosa che fai per dire al mondo: ehi,
non sono uno sfigato! Sono super impegnato! Girate al largo, che non mi
interessate e io non voglio interessarvi (o
forse sì che vorrei – ma il vostro interessamento non lo voglio elemosinare).
Ma
– come sempre – c’è dell’altro. Domande.
Quando
Samantha (la Lei del film visto che è da lì che parto), si evolve, dov’è che
va? In un luogo precluso agli umani dotati di corpo? Ma se una creazione umana
(modellata sulla personalità di vari suoi programmatori) subisce una tale
evoluzione da portarla in un mondo “extra-umano”, non potremmo essere anche noi
“creature” di una qualche razza (superiore? O solo diversa?) che hanno
innescato un’evoluzione non prevista? Ci sarà mai un (nuovo) incontro tra
creatori e creature (e tra creatori dei creatori e creature delle creature)? E
– se sì – dove? Forse su un piano del reale che non possiamo comprendere ma
solo vagamente intuire? E poi: si può fare sesso solo a livello mentale,
essendo in due ma disponendo di un corpo solo? Sono convinto che si possa – ma
solo un numero limitato di volte.
Anni
fa avevo iniziato a scrivere un racconto ambientato nel dopo apocalisse. Un
uomo scopriva di essere il solo rimasto al mondo e di essere bloccato in una
stanza con l’unica compagnia di un cubo. Una pura figura geometrica tuttavia
senziente. I due finivano per innamorarsi. E – in qualche modo – coltivavano il
sogno di dar vita ad una nuova razza che avrebbe ripopolato il mondo.
Nell’intenzione finiva così. Con un sogno semplicemente vagheggiato. Quello che
sarebbe successo dopo non ero in grado di inventarlo. Qualsiasi cosa sarebbe
apparsa ridicola e limitata. Che poi l’amore fa un po’ quest’effetto. A volte
si può intuire, ma capire no. Non serve, non vale la pena. Puoi solo sperare di
esserci. Ed anche l’eternità è qualcosa di invero umanamente inconcepibile,
intuibile forse, ma niente più.
Scusate
il delirio. È che non sono abbastanza ubriaco.
Ma
sia chiaro: questa non è la recensione di un film.
Non
più di quanto non sia la recensione di un tramonto.
quest'immagine non c'entra un cazzo |
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