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giovedì 24 ottobre 2013

Radio Boia playlist/di coppie dispari e revival di un passato immaginario

I Dirty Projectors e David Byrne

A proposito della collaborazione tra i Dirty Projectors e David Byrne - che ha fruttato peraltro la sola "Knotty Pine" inserita nella compilation benefit "Dark Was the Night" - è quasi ovvio che si sia speculato su di un'eredità ideale tra la compagine di David Longstreth e soci ed i Talking Heads. Non che importi molto dopotutto. Certo tra le due formazioni qualche punto in comune c'è - ci sono anche (e ci mancherebbe) parecchie differenze. Tra i punti in comuni ci metterei la curiosità e l'apertura mentale/sonora a 350 gradi (360 non lo voglio dire chè l'angolo giro è invero abusato) nonché una predisposizione di fondo alla giocosità seriosa. O forse alla serietà giocosa.
                                           David Byrne & Dirty Projectors - Knotty Pine

Vero e proprio revival di un capolavoro dei primissimi anni '80 è stata la rinnovata  collaborazione tra Byrne e Brian Eno (del 2008) che ha fruttato "Everything That Happens will Happen Today". 
I risultati - per quanto apprezzabili - non hanno ovviamente la rilevanza di quel "My Life in the Bush of Ghosts" che ancora oggi è in grado di stupire ad ogni ascolto (e pensare che  - sulla carta - lo si sarebbe potuto considerare una sorta di maxi outtake dei Talking Heads prodotti da Eno all'altezza di "Remain in Light"). 
David Byrne e Brian Eno


Riprova ulteriore - laddove se ne sentisse il bisogno - che ripercorrere il passato può essere un utile e piacevole esercizio a patto che vi sia la consapevolezza che i tempi mutano e che le cose non tornano mai come erano una volta. 
                                          David Byrne e Brian Eno - Strange Overtones

La collaborazione tra Peter Gabriel e Kate Bush ha invece figliato (nel 1986, nell'album "So") la celeberrima - e bellissima - "Don't Give up". Anche in questo caso- a seguire -  la tentazione di ripercorrere gli stessi passi c'è forse stata da parte del buon Peter - ad esempio nel suo duetto con Sinead O'Connor nell'abum "Us" del 1992 - anche qui con risultati buoni ma certamente non epocali.  Proprio a Sinead O'Connor - in coppia col grande Willie Nelson -  si deve la miglior cover mai sentita del pezzo in questione, tranquillamente in grado di aggiungere qualcosa all'originale.

                                          Peter Gabriel e Kate Bush - Don't Give Up 
Facciamo un rapido rientro in patria per gustarci i languidi rifacimenti dei classici - specie dei sixties - messi in opera dalla compagine (dal nome kilometrico) di Robertina & Gatto Ciliegia contro Il Grande Freddo. Inizialmente dediti a pezzi esclusivamente strumentali,  assimilati prontamente a quello che si definiva postrock , si sono poi indirizzati (con l'album "Cuore") e l'arrivo della vocalist Robertina alla riscoperta  del passato, riattualizzandolo senza mai sbracare, in bilico tra melodia ed "indietronica". Eppoi - lasciatemelo dire, anche se non c'entra col gruppo in questione - il bello di definizioni come postrock ed indietronica è che sono generi/non generi: ci può stare dentro quasi tutto - dal lounge al terrorismo ultranoise (magari anche nello stesso pezzo).
Robertina e Gatto Ciliegia contro il Grande Freddo
Vari loro pezzi sono anche finiti nella colonna sonora del film "Cosmonauta" ed in effetti le scene accompagnate dalle loro canzoni risultano tra le poche cose apprezzabili di una pellicola altrimenti macchiata all'origine di un nostalgismo veltroniano e facilone di laboriosa digestione.
                          Robertina & Gatto Ciliegia contro il Grande Freddo - Un Anno d'Amore

E andiamo a chiudere con un piccolo grande classico della musica italiana degli anni zero. Delizioso in ogni aspetto "Amore Mio Infinito" di Bugo e Viola (cioè Violante Placido, brava e bellissima), mette in scena una sorta di grado zero del revival: ricordi infantili tra il sonno del primo mattino e la scoperta di un mondo che poteva - ancora - apparire meraviglioso. Perché in fondo alla radice di ogni retromania che si rispetti c'è esattamente la voglia di sentirsi dire abbiamo ancora cose belle da scoprire. Che - per dirla col poeta - in fondo la giovinezza è solo questo, perenne amare i sensi e non pentirsi.
Bugo & Viola
                                                   Bugo & Viola - Amore Mio Infinito
ascolti:
- DIRTY PROJECTORS & DAVID BYRNE - KNOTTY PINE/ - DAVID BYRNE & BRIAN ENO - STRANGE OVERTONES/- PETER GABRIEL & KATE BUSH - DON'T GIVE UP/- ROBERTINA & GATTO CILIEGIA CONTRO IL GRANDE FREDDO - UN ANNO D'AMORE/- BUGO & VIOLA - AMORE MIO INFINITO.

martedì 22 ottobre 2013

SPIRIT WORLD – Jack Kirby








Ecco un volume a fumetti veramente da non perdere. Almeno per chi è anche solo minimamente interessato a due argomenti, quali la ristampa di fumetti horror e fantastici presi dal vasto serbatoio di short stories che l’editoria statunitense ha prodotto - specialmente tra gli anni ’50 e i ’70 - e la ristampa dell’opera del re Kirby.
Sotto il primo aspetto direi che, perlomeno in anni recenti, non possiamo neppure lamentarci troppo. Accanto al bel progetto di ristampe dei classici EC comics operato con grande rispetto e professionalità da 001 edizioni (e l’unico appunto che mi sentirei di muovere loro è quello di andare troppo a rilento ma, come dire, meglio poco che niente) abbiamo avuto anche i tre volumetti che, qualche anno fa, la mai abbastanza vituperata Planeta de Agostini dedicò a “The House of Mistery” – in concomitanza col lancio della dimenticabilissima nuova serie Vertigo – focalizzando l’attenzione su tre grandi disegnatori che con la storica testata antologica della DC comics avevano a varie riprese collaborato (Alex Toth, Neal Adams, Bernie Wrightson), fornendo anche un vasto panorama di covers ed illustrazioni: inutile dire che i volumi in questione sono caldamente raccomandati. Per ciò che invece attiene i classici della Warren vanno solo segnalati i tre volumoni dedicati alle classiche riviste “Creepy” ed “Eerie” [due per la prima, uno solo per la seconda] che hanno ristampato i primi numeri delle suddette, in ordine cronologico, comprese posta e pubblicità d’epoca, riprendendo l’edizione u.s.a. della Dark Horse. Editi rispettivamente da Planeta e Comma 22, sono gran bei libri e possiamo rammaricarci solo che, malgrado le presumibili buone intenzioni, non abbiano avuto seguiti. I classici horror della Marvel mi paiono, invece, un tantino trascurati e mi riferisco, in particolare, a quello che, negli anni ’70, l’editoriale Corno pubblicava sull’affascinante “Corriere della Paura”, ma io consiglierei di dare un’occhiata anche al dimenticato “Frankenstein” che magari non sarà granché ma il cui ricordo – direttamente dalle pagine ingiallite rinvenute in chissà quale bancarella di un “Super fumetti in film” - continua ad ossessionarmi. Fatto sta che – se escludiamo la riedizione dei primi numeri de “La Tomba di Dracula” e delle primi storie di “Ghost Rider” – non mi pare che la Panini abbia attinto a sufficienza al pozzo Marvel- horror. Speriamo si rifacciano, o quantomeno si possa proseguire con Dracula, di cui una riedizione integrale sarebbe oltremodo gradita.
Per il secondo aspetto urge solamente sottolineare il fatto che l’opera Kirbyana dovrebbe essere sempre disponibile per tutti quei lettori che volessero accostarvisi, per la prima o l’ennesima volta, almeno nei suoi momenti fondamentali perché, evidentemente, nel caso di autori di una prolificità così spiccata la completezza è cosa quanto mai ardua. Quando parlo dei passi fondamentali della produzione del Re è chiaro che mi riferisco a quelle opere che più delle altre hanno contribuito a coniare  e costituiscono tasselli fondamentali dell’epica e dell’immaginario contemporanei; in altre parole si tratta dei classici Marvel in collaborazione con Stan Lee (sugli aspetti di questa collaborazione ci sarebbe forse da discutere, ma l’apporto di Lee non può certo essere negato e ritengo che nessuno, perlomeno in buona fede, possa farlo) e delle saghe di cui Jack fu anche soggettista realizzate per la DC negli anni ’70 e poi nuovamente per la Marvel. Il resto, per quanto splendido e storicamente rilevante, è comunque necessariamente secondario, o meglio, diviene fondamentale per il lettore solo in un secondo momento, cioè esattamente dopo aver terminato la lettura delle opere fondamentali, quelle che rappresentano una delle mitopoiesi pop più brucianti del contemporaneo. Le ristampe in questo senso si può dire che non manchino: la collana Marvel Masterworks ha pubblicato per ora due volumi di “Capitan America”, uno di “Thor” (con altre storie reperibili in “Marvel collection”, e il discorso vale anche per altri personaggi), quattro dei “Fantastici Quattro”, la prima serie di “Hulk”, a cui vanno sommati anche vari volumi dedicati ad “Iron Man” ed ai “Vendicatori” (ma in questi casi l’apporto di Kirby si limita all’ideazione grafica e ai layout essendo l’apporto di altri disegnatori, soprattutto Don Heck, assai rilevante in sede di rifinitura). Invece nei Marvel Omnibus troviamo la ristampa integrale della saga “Gli Eterni”, purtroppo incompiuta, splendido viaggio supereroico e mitologico, intriso, come spesso capitava, di elementi fanta-storici e di un infantile (ma è assolutamente un complimento, sia chiaro) fascinazione per il lato oscuro della storia umana. Ecco, se c’è un tratto comune di tutto il Kirby scrittore è proprio questo profondissimo senso dello stupore e della curiosità. L’idea di una continua scoperta, di un magico “sense of wonder”, intriso della cultura pop dell’epoca e, per il filtro di quest’ultima, di tantissima psichedelia. Ritroviamo sapori e sensazioni diverse nel rileggere questi fumetti, la mente gravita tra “Star Wars” e i Quicksilver Messanger Service (avrei potuto citare altri gruppi, ma a me sono venuti in mente loro), ma anche verso i Kraftwerk, Giorgio Moroder e, strano a dirsi, Brian Eno. Ma ancora verso Tangerine Dream, Blue Oyster Cult, Hawkwind, ricongiungendosi idealmente con gli umanoidi francesi e poi con gli americani, figli ribelli eppure devoti, di “Heavy Metal”. Ma i riferimenti potrebbero essere molti altri, inevitabilmente soggettivi e tutti validi. Il punto è che Jack Kirby è un elemento fondativo dell’immaginario che più ci piace e, se pensiamo agli anni ’60 e ’70 ed alla loro atmosfera (pur senza averli vissuti direttamente), pensiamo anche ai suoi fumetti e alla meraviglia provata accostandosi a loro, allo stupore ebete che per magia annulla le distanze tra il bambino e l’adulto, rendendoci tutti una sorta di eterni teen ager, pronti a manifestare i nostri super poteri: perché chi è passato da quelle pagine e ha capito, i super poteri ce li ha davvero, magari nascosti e non troppo spettacolari ma da qualche parte io sono convinto ci siano. 



La particolarità di “Spirit World” è che si tratta – almeno per la prima parte – di un volume, sostanzialmente, di storie inedite. Come ben illustra Mark Evanier – già autore di un ottima biografia del re, edita anche in Italia da edizioni BD – Kirby, una volta arrivato alla DC aveva molte idee e non tutte trovarono uno sbocco concreto. Tra queste c’era un rilancio di quei “romance comics” già in voga negli anni ’50 e – soprattutto – l’idea di pubblicare riviste di grande formato che contenessero storie di vari autori ma anche articoli su argomenti connessi. Un’idea magari non completamente inedita ma foriera di sviluppi assai interessanti, compreso quello di dare una compiuta espressione alla mai celata passione del re per i collage fotografici che avevano già iniziato a far capolino in alcune delle più ispirate pagine dei Fantastici Quattro. In particolare qui l’utilizzo di fotografie avrebbe dovuto spingersi ancor più in là fino alla realizzazione di veri e propri “fumetti” – chiamati proprio così, in italiano – termine col quale Kirby indicava in sostanza i fotoromanzi. Un utilizzo innovativo ed artistico di questo mezzo che avrebbe rappresentato dunque la cifra stilistica più peculiare delle riviste facenti parte di questo progetto, ponendosi dunque in ipotetico ed ideale trait d’union tra “Killing” e le sperimentazioni degli anni ’80 operate in specie su “Frigidaire”. Purtroppo però le cose sono andate diversamente: l’unico magazine che in effetti la DC mise in cantiere fu proprio “Spirit World”, del quale produsse un numero solo che, per un serie di disguidi tecnici, non venne in sostanza mai distribuito rimanendo a prendere polvere nei magazzini del distributore

Veniamo ad illustrare brevemente i contenuti del volume che oggi recupera quel fantasmatico numero 1, aggiungendovi peraltro alcune altre storie brevi prese da altre riviste antologiche fanta-horror pubblicate all’epoca (si trattava di “Forbidden Tales of Dark Mansion” e “Weird Mistery Tales”). Le storie tratte da “Spirit World” sono stampate a mezza tinte e si distinguono abbastanza nettamente dalle altre proprio per un uso delle foto molto più spinto: non più e non solo in chiave di collage ma anche a sostituire a tutti gli effetti le vignette. I titoli sono, per esempio: “Il presidente morirà”, “La casa dell’orrore”, “Nostradamus” oppure “I figli della ruota fiammeggiante” (quest’ultima vera e proprio “fotostoria” di tre pagine deliziosamente psichedeliche). Da segnalare anche la presenza di una paginetta di Sergio Aragones, la collaborazione di Neal Adams alla cover e il racconto scritto “Spirito Vendicativo”: uniche testimonianze di quella che sarebbe dovuta essere la collaborazione di altri autori al progetto. Sono poi assai suggestivi anche gli altri fumetti contenuti a completamento del volume, più tradizionali graficamente ma, ovviamente, parlando di Kirby, possenti come poco altro.  



Il volume è pubblicato da RW/Lion e costa 14,95 euri.