E se per raccontare la nostra vita uscissimo dai confini
angusti – per quanto virtualmente infiniti – della linea retta e adottassimo un
grafico stile “unisci i puntini” d’enigmistica memoria. Col risultato che
quello che risulta, a schema completato, un senso ce l’ha solo a volerglielo
trovare. Come i passi di un bambino in uno strano maggio di nuvole e sole – nel
posto di sempre che però si rinnova ogni giorno – il colore più presente è l’arcobaleno.
La musica è jazz – probabilmente Miles Davis anni ’50, ma questo l’avrebbe
capito solo molti anni dopo. C’era un fiume da attraversare, sembrava il Rio
delle amazzoni. E intorno il paesaggio variava tra Africa, Almeria e Arizona. E
poi, certo, c’era lei: lei che cambiava spesso faccia, corpo, e anche carattere
ma più di rado. Un tempo perfetto che non può essere rappresentato linearmente,
una sensazione che va verso il futuro per poi tornare indietro, di secoli
anche. Un tempo che per comodità chiameremo presente. Un tempo per cui avere
nostalgia. Già mentre lo si vive. E poi forse un’altra volta ancora, tra mille
anni oppure ieri.
eighth wonder - i'm not scared
Partiamo con la divina Patsy e con quella che ricordo come la mia prima "canzone da grandi". A tutt'oggi mi sembra un capolavoro, assolutamente non valutabile con un metro di giudizio obiettivo. La stessa Patsy, mi tocca d'ammettere a mente fredda che magari non è poi la donna più bella del mondo. Ma che importa ? Dopotutto il termine "sex appeal" non avrebbe alcun senso se non fosse per descrivere persone come lei.
fate un po' voi che io rimango della mia idea |
et voila, Vanessa Paradis |
La canzone "a cappella" per eccellenza degli anni '80 è la celeberrima "Caravan of love" degli Housemartins, gruppo spesso considerato come degli Smiths in tono minore (non del tutto a torto, che le similitudini ci sono) ma spesso capaci di cesellare raffinatezze pop di tutto rispetto. Fidatevi e riscopriteli in blocco (partendo magari da "London 0 - Hull 4", già dal titolo esibizione d'orgoglio provinciale) non fermandovi al singolo in questione e nemmeno alla curiosità che il bassista era tale Norman Cook, poi conosciuto al mondo come Fatboy Slim (ah, il big beat, sembra il secolo scorso...anzi era il secolo scorso, addirittura il millennio scorso).
le solite facce da bravi ragazzi |
The Housemartins - Caravan of love (chi volesse fondare una
repubblica socialista ed usare questo pezzo come inno
nazionale mi contatti pure ed avrà in me un alleato)
Facciamo un salto nel tempo (ma non so se avanti o indietro, proviamo solo a saltare per vedere che succede) e andiamo a prendere un altro classico imperituro. A ben vedere è paradossale che l'unico grande successo degli Urge Overkill sia questa "Girl, you'll be a woman soon", cover di Neil Diamond, infilato nell'opus magnum tarantiniano "Pulp Fiction". Paradossale perché loro il successo l'hanno sempre cercato, pur partendo da lidi decisamente indie come la gloriosa etichetta Touch & Go di Chicago, hanno ammorbidito e "rockizzato" il suono, peraltro in un periodo ampiamente favorevole per le indie bands che volevano fare il "grande salto". Beh, invece tutti li ricorderanno come una "one hit band" oltretutto nemmeno scritta da loro (quando dico tutti intendo ovviamente quasi tutti - il quasi fa la differenza - altrimenti potremmo liquidare anche i Lemonheads come "quelli della cover di "Mrs. Robinson).
Urge Overkill |
Urge Overkill - Girl, you'll be a woman soon
E chiudiamo per questa volta con una delle canzoni pop semplicemente più belle della storia. Capace con pochi tocchi di definire un'epoca, uno stile, un intero universo di emozioni. Artigianato ed Arte fusi insieme e totalmente indistinguibili. Merito delle Ronettes e dell'immenso Phil Spector, vero genio (e sregolatezza) del XX secolo e del suo celeberrimo "wall of sound", tantissime produzioni di girl pop da riscoprire. Ma è inutile fare gli snob, tanto vale partire dalla più famosa.
The Ronettes |
The Ronettes - Be my baby
Nessun commento:
Posta un commento