Elenco blog personale

lunedì 5 novembre 2018

An Unlikely Diary - Appunti Musicali

                                                 
                                                  BEACH BOYS - CAROLINE ,NO (1966)

Ci sono canzoni che - inevitabilmente - sfuggono di mano ai loro creatori. Questo pezzo chiude quel capolavoro assoluto che è 'Pet Sounds' ma rappresenta altresì (non nelle intenzioni ma di certo nel risultato) già una sorta di elegia nostalgica dei magici giorni che furono e - persino o forse soprattutto - di quelli che verrano: che tanto è sempre chiaro fin da subito che la felicità e troppo breve, dura un attimo e solo quand'è finita si rivela per ciò che è stata. Il testo parla semplicemente di un amore finito o non corrisposto o nato solo in parte - però mantiene quella dolce e naturalissima ambiguità tale da fargli assumere significati ancor più universali. Spezza il cuore e alla fine (ma solo nell'abum, nel singolo no) abbaiano i cani e parte il treno.

                                       
                  LUCIO BATTISTI - ABBRACCIALA ABBRACCIALI ABBRACCIATI  (1974)

L'album capolavoro della prima fase della carriera di Battisti (quella con Mogol per intenderci, l'unica considerata dai più) ma anche quello destinato a rimanere incompreso, quello privo dei singoloni che - volendo - ti possono sfinire in un mortale karaoke. A ben vedere 'Anima Latina' anticipa il Battisti degli anni '80 , quello che - ad un certo punto - diede libero sfogo alla sua voglia di sparire. L'album si apre proprio con questo pezzo, trionfo di psichedelia con fiati ben in evidenza in cui nella sostanza emerge quello che è poi il mood di tutto l'album ovvero l'idea di reinterpretare in chiave latina (nel senso più ampio del termine) pulsioni tipicamente prog e/o kraut. Il brano ha in se  una tensione libertaria e taumaturgica - pare invitare all'amore libero, purché sia libero sul serio.


                                FABRIZIO DE ANDRÈ - UN MALATO DI CUORE (1971)

Nella produzione di De André c'è davvero l'imbarazzo della scelta (e infatti è probabile che lo rincontreremo) ma il suo periodo forse di maggior splendore va fatto risalire al quinquennio ricompreso tra il 1969 e il 1973, ossia il periodo che potremmo definire dei concept album. Proprio qui esce il tanto celebrato 'Non al denaro non all'amore né al cielo' in cui il nostro rielabora, a modo suo , alcune tra le poesie dell'Antologia di Spoon River ,di Edgar Lee Masters, che più lo avevano colpito. Questo (come gli altri 3 concept) si distingue nettamente dal De Andrè degli esordi, che era - nella sostanza - uno chansonnier tout court , grazie ad un lavoro assai raffinato di orchestrazione ed arrangiamento che da un aspetto ai pezzi che sa andare ben oltre al contenuto letterario puro e semplice (comunque di altissimo livello). Gli arrangiamenti del disco erano curati da Nicola Piovani e a lavorarci ci furono anche vari collaboratori di Ennio Morricone (tra cui la corista Edda Dell'Orso e i cantori di Alessandro Alessandroni.) Potrebbe starci uno qualsiasi dei 9 brani dell'album: metto questa perché è meno nota e perché - in effetti - non manca mai di commuovermi.


                                             NEIL YOUNG - HEART OF GOLD (1972)

Tra i pezzi più amati di quello che è stato certamente l'album più noto (ma anche più mainstream) del vecchio Neil. Capita magari di avere una copia di Harvest in casa persino senza saperlo, capita che quei pezzi siano amati anche da persone davvero insospettabili (ma solo quelli , il resto è sconosciuto). Tutto sommato l'equazione è semplice: le canzoni sono belle (anche molto), non si prendono tanti rischi (è quasi tutto acustico e poi Neil non è in compagnia della sua vera band cioè i Crazy Horse) ma dicono quel che devono dire - che all'epoca non era sempre roba allegra. Ecco: il bello di questo pezzo è proprio la sua capacità di trovare ciò che ci unisce. E la ricerca di un simbolico cuore d'oro , agognato eldorado sentimentale , è cosa che davvero accomuna tanti.Forse è il cuore di qualcuno da amare o forse la ricerca mira al meglio che c'è in noi, sotto la patina di merda.

                                     
                       13TH FLOOR ELEVATORS - YOU'RE GONNA MISS ME (1966)

L'attacco di chitarra a precedere l'evocativo suono dell'elettric jug di Tommy Hall - subito dopo entra la voce di Roky Erickson (ad intonare : Oh yeah! Ahh! e poi You're gonna wake up one morning as the sun greets the dawn...) ed è subito magia ma di quella vera, di quella che riserva meraviglie ma poi è anche cattiva. 
Primo e più famoso singolo degli elevators nonché pezzo che ne apre il primo album (che è splendido tutto - non una semplice raccolta di singoli come all'epoca si usava ancora spesso)You're gonna miss me è anche uno dei pezzi più coverizzati dalle garage bands d'ogni tempo e luogo e ci restituisce il gusto (lungo - infinito quasi) d'una musica che - pur semplice - seppe scoprirsi come luogo del possibile - inizio del viaggio per la 'terra incognita'. E comunque 'I'm not comin' home'.

Nessun commento:

Posta un commento