Dovessi scegliere una sola band a rappresentare quello che fu l'electro pop degli anni '80 sceglierei loro , così come sceglierei loro per rappresentare degli ipotetici precursori dei '90. La verità è che i New Order sono insieme indie rock e musica dance elettronica ben prima che questo genere di accoppiamenti diventasse la norma, ma tutto ciò in fondo non è nemmeno così importante: ad importare è il fatto che hanno inciso canzoni splendide, all'esatto confine tra l'abisso della malinconia ed un'inesausta gioia di vivere - tra il peso di un passato glorioso e - per dirla col poeta - 'il futuro che arriva a darci fiato'. Da quando ho sentito questa canzone li ho amati incondizionatamente.
Neil Young è disordinato - non è mai stato veramente giovane non sarà mai vecchio - gli assoli di chitarra sono sporchi e impolverati (e quando ci sono anche i Crazy Horse anche di più). A volte arriva come un amico su una macchina vecchia e scassona e ti fa presente che è ora di andare. Prima di partire magari dovremmo fermarci da quel vecchio guru che vive in una baracca ai lati della strada: sa tutto della vita ma se gli chiedi qualcosa spara solo cazzate, così, tanto per divertirsi.
Non starò a dire che i Verdena ne hanno di strada da quando il mercato discografico tentava di spacciarli come la risposta italiana ai Nirvana (ma Cobain era morto da un bel po' e comunque non è che centrassero molto) - non lo dirò perché - a dir la verità - a me non dispiacevano neanche allora. Nel tempo e senza particolari clamori hanno attraversato influenze stoner fino a giungere al soffuso psych pop che caratterizza gli ultimi lavori (e non parlerò di possibili influenze perché potrebbero essere troppe: dai Mercury Rev ai MGMT ai Beach House e vagonate di altri). Questo pezzo a me continua a sembrare praticamente perfetto - l'ideale colonna sonora dell'ennesima estate che finisce.
Potrebbe essere l'unica canzone presentata a Sanremo nel mio mega listone (non sono sicuro però - dopotutto è un work in progress). Sinigallia è stato - anche come autore e produttore - una sorta di eminenza grigia dietro il cosiddetto pop romano degli ultimi 15 anni - incorporando sonorità talvolta decisamente indie e andando a sfrucugliare anche in ambiti rap ed elettronici. I suoi lavori in proprio sono spesso molto belli ma non sempre riescono ad inforcare il brano che riesce a sfondare la parete del 'singolone radiofonico'. Qui la cosa gli riesce alla perfezione con un pezzo intriso di una dolcezza per nulla melensa o banale, affresco perfetto di sensazioni estratte dal quotidiano vivere dei nostri tempi - la descrizione di un attimo, in altri termini.
Uno dei giri di basso più memorabili che si possano concepire e poi il delirio della quotidianità, del ripetersi dei gesti quotidiani, proprio mentre i ricordi si agitano nella tua testa, quasi a diventare dei mostri che vogliono trascinarti con se - non sai dove ma non è certo un bel posto [forse nello spazio - dove nessuno può sentirti urlare : Alien usciva proprio nel 1980 e sono le solite casualità per nulla casuali). Lo spleen dell'adolescenza che svanisce - quasi un urlo rabbioso che però nessuno pare sentire. I Joy Division sono stati una band immensa.
A cloud hangs over me, marks every move,
Deep in the memory, of what once was love.
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