Iniziamo qui
una disamina sulla nota collana bonelliana. Giunta ormai al n.35 direi che i
tempi sono maturi per un primo sguardo d’insieme, fermo restando che la natura
della proposta necessita anche una visione frammentata e – necessariamente –
focalizzata su ogni singolo pezzo che va a formare la collana.
Partiamo con
il dire che ogni confronto con precedenti collane Bonelli in qualche modo
consimili risulta forse arduo ma in verità proficuo e necessario. Anche se solo
il tempo saprà dirci come potremo collocare ‘Le storie’ nella storia (pietoso
bisticcio – per riferirsi alla storia del fumetto made in Italy): cioè se dalla
parti di ‘Un uomo un avventura’ (ovvero l’atto fondativo o comunque
confermativo di una generazione di autori destinati alla fama e alla grandezza
assoluta) o piuttosto dalle parti dello ‘Zona X’ prima maniera (a conti fatti
nient’altro che un contenitore di storie ‘libere’ devote all’idea di un
intrattenimento curioso e di poche pretese seppur sempre di buona fattura). Ad
oggi la verità parrebbe stare nel mezzo e – se proprio un termine di paragone
dobbiamo trovare – non occorre poi spostarsi tanto indietro nel tempo ed è
sufficiente prendere in considerazione quei ‘Romanzi grafici Bonelli’ che solo
recentemente hanno cambiato la loro fisionomia editoriale. In altre parole una
congerie di atmosfere e sapori uniti dal gusto del narrare avventuroso e –
tutto sommato – adulto ed autoriale ma sempre all’interno di generi e stilemi
ben riconoscibili. Comunque si valutino i singoli episodi (che è quello che mi
appresto a fare) si tratta di un’esperienza stimolante e da seguire. A circa
tre anni dall’esordio vale la pena continuare a farlo.
n.1 – Il boia
di Parigi – Paola Barbato/Giampiero Casertano
Si racconta
di tal Charles-Henri Sanson – boia di corte convertitosi – non senza dubbi –
alla causa rivoluzionaria – anche se a ben vedere è forse la ghigliottina
l’unico elemento a cui il nostro è fedele. Robespierre e Danton sono visti come
personaggi ambigui e accecati dall’odio e da un ideologia che ha preso già le
forme del terrore. Paola Barbato qui se la cava piuttosto bene nel tratteggiare
il periodo storico ma soprattutto il personaggio principale – donandoci una
sorta di eroe romantico ante litteram
(nel senso che anticipa il romanticismo letterario). Poi occorre anche dire che
la sua visione è un tantino semplicistica e restituisce ben poca complessità ai
personaggi di contorno (che sono soggetti quali Robespierre – mica roba da
poco) – ma in realtà non è questo il punto e non c’era forse nessuna voglia di
dire qualcosa di nuovo su un periodo storico molto raccontato ed a rischio
stereotipo – la narrazione fila che è un piacere ed è solo questo che importa
(in questo caso). Il vero valore aggiunto sono i disegni di Giampiero Casertano
– un artista che da un lato ci fornisce continue e piacevoli conferme e
dall’altro manifesta una costante evoluzione e curiosità. Alle tradizionali
influenze quali Micheluzzi, Breccia (Enrique), Magnus, qui mi sembra di
avvertire persino una vicinanza al Robert Crumb più realistico e meno
grottesco. Che ci sia del vero o meno in quanto scrivo, le sue tavole sono un
piacere per gli occhi e confermano uno dei disegnatori italiani al contempo più
poliedrici ed estrosi.
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n.2 – La
redenzione del samurai – Roberto Recchioni/Andrea Accardi
Il Recchioni
ama scopiazzare qua e là. Anche in questo si può considerare degno discepolo
del maestro Sclavi. Il termine ‘scopiazzare’ va letto come un complimento –
avrei anche potuto dire ‘rielaborare e ricontestualizzare varie fonti
preesistenti’: roba – insomma - che, se fatta con classe, può dare frutti
saporiti e succosi. Ed è questo il caso. Uno dei grandi meriti di Recchioni è
quello di saper scrivere sceneggiature dense ma con un uso parco delle parole
(fateci caso: un albo scritto da lui si legge più in fretta – almeno in linea
di massima), appaiandosi in ciò – per fare un esempio a Mark Millar (tanto per
citare un altro che è antipatico a molti). Intendiamoci, non tutto ciò che
scrive mi piace, ma riesce sempre a incuriosire e a stimolare e non è cosa da
poco.
Qui si
racconta di Jubei, samurai che ha tradito il suo signore ed è perciò destinato a
morire per mano del giovane Tetsuo. Le
possibili influenze sono talmente tante che si perdono nella memoria e non vale
nemmeno troppo la pena fare lo sforzo di recuperarle tutte – in fin dei conti
la storia funziona benissimo così ed è ovviamente assai ricca di combattimenti
a base di katana davvero ben gestiti a livello ritmico e ‘coreografico’. Il
merito va ovviamente anche all’ottimo Andrea Accardi davvero a suo agio in
un’ambientazione di questo genere sfoggiando uno stile che fonde il dinamismo
di un Go Nagai con una raffinatezza ed un tratteggio molto personali.
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n.3 – La
rivolta dei sepoy - Giuseppe De
Nardo/Bruno Brindisi
Una storia
d’amore sullo sfondo dell’India coloniale di metà ottocento rischia di venire
travolta da una rivolta dei cosiddetti Sepoy (praticamente i militari indigeni
arruolati nell’esercito della corona) e dalle mire di un ambizioso rivale in
amore che pensa di approfittare della situazione a suo vantaggio. Ci troviamo
qui di fronte ad uno degli episodi più tradizionali della collana – con una
solida vicenda avventurosa su sfondo storico che ha i sapori del romanzo
avventuroso di una volta (e non sarebbe sfigurata – per dire – nella collana
Rodeo). Niente di epocale forse ma in definitiva piuttosto riuscita – poi devo
ammettere di non aver letto molte cose di De Nardo e di non riuscire facilmente
a collocare questa storia nel complesso della sua produzione. Bruno Brindisi
non aggiunge e non toglie nulla a quanto fatto sinora ma è sempre un bel
vedere.
[6,5]
n.4 – No
smoking – Pasquale Ruju/Carlo Ambrosini
Un
piacevolissimo racconto di gangster quest’albo che ci narra di tale Angelo
(o Angelì) piccolo commerciante finito nei guai per debiti di gioco. Gli darà
una mano Eddie – un vero duro, seriamente intenzionato a scalare qualche
gradino nell’organigramma criminale della città. Se la dovranno vedere – tra
l’altro – anche con uno spietato sicario della mafia definito ‘il lupo
mannaro’. Il tutto verso un colpo di scena finale che lascia un retrogusto
amaro ma piacevole (e che ribalta le carte in tavola – ma ovviamente non dirò
in che modo). Ci troviamo di fronte ad una storia davvero riuscita per quanto
mi riguarda, in cui trovano armoniosa fusione i tipici luoghi comuni del genere
uniti a piccole ma significative invenzioni (anche sul piano formale: le
didascalie in seconda persona non sono poi tanto comuni e qui funzionano
davvero bene). Il tratto di Ambrosini si trova poi particolarmente a suo agio
con le atmosfere cupe e piovose (sporche – in altre parole) della Chicago anni
’30. Lo stesso Ruju conferma nel noir (in senso lato) il suo genere d’elezione
inducendoci ad incoraggiarlo per altre prove in questo senso.
[7,5]
n.5 – Il lato
oscuro della luna – Alessandro Bilotta/Matteo Mosca
Il racconto
dell’astronauta Lloyd Clark, in viaggio verso la luna prima di quel che la
storia ufficiale ci racconta, ha veramente numerose frecce al suo arco. Intanto non
è fantascienza in senso proprio ma ci restituisce il senso profondo delle
migliori narrazioni fantastiche attraverso un’inevitabile rapportarsi con la
propria infanzia irrisolta, come accade al protagonista durante i numerosi
flashback che ne definiscono la personalità e i desideri. Una sorta di dialogo
continuo tra l’infinitamente grande (il viaggio spaziale) e l’infinitamente
piccolo (la storia di ognuno di noi) che sta forse alla base di gran parte del
narrare avventuroso d’ogni tempo. Solo che in questo caso l’anno è il 1963,
all’altezza dell’omicidio del presidente Kennedy e – come certamente era noto –
i viaggi spaziali possono facilmente andare storti. Ma è poi davvero possibile
distinguere la fantasia dal reale, il presente dal ricordo, la vittoria dal
fallimento? Quando l’ho letto la prima volta mi ha lasciato un certo senso di
irrisolto ma – ripensandoci – non poteva essere altrimenti. Avrebbe forse
meritato qualche pagina in più o magari in meno – insomma qualcosa non mi torna
ma non saprei dire cosa. Matteo Mosca non lo conoscevo (ha disegnato anche un
albo di Valter Buio ma ammetto che non lo ricordavo) ed ha un tratto molto
classico che a me ha persino ricordato gli albi della Ec comics (in particolare
Jack Kamen) riuscendo a rendere molto bene l’atmosfera della storia.
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