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giovedì 14 marzo 2019
An Unlikely Diary - Appunti Musicali
LEONARD COHEN - FAMOUS BLUE RAINCOAT (1971)
Tutto Leonard Cohen - ma in specie quello dei primi tempi - possiede un fascino strano, ben difficile da esprimere a parole - un po' come svegliarsi all'alba in un posto semisconosciuto avvertendo tuttavia che il freddo sta lasciando timidamente il posto alla primavera e il grigio del cielo non fa nemmeno così paura. O in altri termini ha il gusto di 'giorni lunghi di nuvole e sole' per dirla con uno che Cohen lo apprezzava parecchio. Questo pezzo poi - a livello musicale e produttivo assimilabile a tutta la sua produzione di quegli anni - si può considerare come una lettera sincera e commossa ad un amico che poi è anche l'amante di sua moglie . Ben poco importa sapere se ci sia o meno autobiografia in questi versi ma va detto che in tempi come i nostri - dove l'amore sembra dovere necessariamente avere un connotato di possesso pieno ed assoluto - versi quali 'yes, and thanks,for the trouble you took from her eyes - I thought it was there for good so I never tried.' danno un senso di serena alterità e sanno smuovere nel profondo. Che di fronte all'amore io so di essere analfabeta.
VERDENA - MIGLIORAMENTO (2011)
Quanto apprezzo i Verdena devo averlo già scritto - in particolare questo brano ho finito per considerarlo una sorta di canzone di natale (a causa del video - splendido - che riprende scene da un film messicano degli anni '50 dedicato appunto a Santa Claus). il titolo della canzone vuol essere (oltre che un invito) anche un omaggio agli MGMT ai quali i Verdena avevano fatto da supporter nel tour italiano. Ma - curiosità a parte - è un brano che si insinua nel cervello poco a poco mischiando una soffusa psichedelia post beatlesiana (si può anche pensare ai Flaming Lips oltre che ai già citati MGMT) con un senso propulsivo che a me ha ricordato (anche in certi aspetti del canto) Lucio Dalla (un altro che - comunque - non era proprio digiuno di psichedelia).
MAZZY STAR - FADE INTO YOU (1993)
Indubbiamente la canzone più nota scaturita dalle menti di James Toback e Hope Sandoval. I Mazzy Star hanno saputo proporre i loro brani di dilatata e narcotica (lo dico in senso buono) psichedelia pop - debitrice com'è ovvio dei Velvet Underground ma parente stretta di tante band che poco prima o poco dopo calcavano le scene indie degli anni '90. Quindi possiamo anche usare termini come shoegaze e (soprattutto) dream-pop, possiamo tentare accostamenti con Galaxie 500, Medicine o anche con i Low che proprio allora andavano muovendo i primi passi. Il tutto senza scordare l'ascendenza più diretta ossia quella col 'paisley-underground' che negli anni '80 aveva infiammato le platee più alternative e di cui David Roback fu certamente uno dei prime movers (coi Rain Parade e poi con gli Opal). E chi l'avrebbe mai detto che da quella scena sarebbe scaturito un successo (anche) commerciale? Ma poi che importa se ogni volta che il pezzo ricomincia la magia riparte da capo e ci troviamo seduti in un bar di una città che sembra Twin Peaks ma è in mezzo al deserto - pronti a fotterci l'anima per un sorriso che sa farci tremare.
THE REPLACEMENTS - BLACK DIAMOND (1984)
La prima volta che l'ho sentita non sapevo fosse una cover dei Kiss ma in verità importa poco perché ci sta benissimo dentro 'Let it Be', uno degli album più noti e più belli della band di Paul Westerberg e soci. Dopo un esordio decisamente punk (e molto bello, comunque) i Replacements seguono quello che sarà un percorso comune a molte altre band del hard core americano della prima ora: qualcosa che potremmo - un po' banalmente e a rischio di venire fraintesi - definire come 'recupero della tradizione'. Nel loro caso però le radici non guardano tanto al country e al folk (come accade agli X o ai Flesh Eaters) e neppure alla psichedelia (come per i Meat Puppets) ma vanno a puntare decisamente al power pop comprensivo anche delle sue varianti più hard ( e i Kiss sono in tal senso un esempio perfetto). L'energia che trasuda dai loro pezzi nasce proprio da una rilettura filtrata dal punk di quei tempi gloriosi e finisce inevitabilmente per bagnarsi al fiume della malinconia, perché tocca crescere e i sogni vanno presi a calci per non farli morire.
THE SONICS - PSYCHO (1965)
Here are the Sonics non necessita di spiegazione - è energia primordiale - puro e semplice rockn''roll - sublimazione dell'energia sessuale dei teenagers e pertanto suprema meditazione sulla vita e suprema masturbazione - rapida e prodiga di fertilissimo sperma.
Tra i tre capolavori che stavano su quell'album tendo a preferire questa ma non saprei perché (come se si potesse stabilire una qualche graduatoria con Strychnine e The Witch). I Sonics potrebbero esistere ancora (il loro ultimo album è del 2015) e la cosa non deve stupire.
Stardust - Pam Grier
Il cinema Blaxploitation fu un fenomeno poco esplorato dai distributori italiani: in tempo reale (negli anni'70) in Italia c'erano ben pochi neri (all'epoca si sarebbe detto negri e nessuno avrebbe avuto qualcosa da obiettare, compresi i diretti interessati) e anche la curiosità cinefila non era poi così sviluppata (per dire: producevamo tra i migliori action movie del mondo e credevamo fossero monnezza). Qualcosa arrivò comunque però: tanto successo oltreoceano non poteva passare inosservato, così oltre al capostipite Shaft potemmo anche inebriarci della grazie della bellissima Pam Grier in pellicole come Foxy Brown, Sheba Baby e Scream Blacula Scream (questo credo sia un recupero posteriore nel nostro paese ), il carcerario Donne in Catene ed anche una co-produzione tra due mostri sacri quali Roger Corman e il nostro - mai abbastanza rimpianto - Joe D'Amato per il tardo-peplum La Rivolta delle Gladiatrici. Rimane da dire di Quentin Tarantino che ha avuto l'indubbio merito di riscoprirla e di dedicarle l'ottimo Jackie Brown nel 1997: atto d'amore nei confronti di Pam e di tutta una cinematografia.
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